da “Le bugie dei trivellatori sui tagli all’occupazione” di Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente (“il manifesto”, 7 aprile 2016)
«…Chi paventa la perdita di posti di lavoro per colpa del referendum non dice che il settore dell’estrazione di gas e petrolio è già in crisi nel mondo e in Italia da diversi anni. A dimostrarlo i rapporti del settore degli ultimi anni o il tavolo di crisi aperto presso la regione Emilia Romagna.
Il 35% delle compagnie petrolifere a causa del crollo del prezzo del petrolio è ad alto rischio di fallimento nel 2016 (rapporto Deloitte), con un debito accumulato di 150 miliardi di dollari. Nessuno si preoccupa di dire che per garantire un futuro occupazionale duraturo bisogna investire in innovazione industriale e in una nuova politica energetica. Negli ultimi decenni si è avuta una consistente diminuzione della produzione da piattaforme in mare senza alcuna strategicità energetica, economica ed occupazionale.
Al contrario il settore delle rinnovabili e dell’efficienza potrebbero generare almeno 600mila posti di lavoro. Centomila al 2030 nel solo settore delle energie rinnovabili, cioè circa il triplo di quanto occupa oggi Fiat Auto in Italia, mentre, al contrario, nel 2015, per un taglio retroattivo degli incentivi, se ne sono persi circa 4mila nel solo settore dell’eolico, 10mila in tutto il settore. A tal proposito ci chiediamo dove fosse il sindacato allora e che senso abbia un sindacato oggi che non ha la capacità di proporre un nuovo lavoro e di capire che la difesa dello status quo è innanzitutto difesa delle lobby del petrolio…»