Arci Jesi-Fabriano


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Referendum no-triv: oltre il quesito

di Marzio Galeotti e Alessandro Lanza, lavoce.info
(www.lavoce.info/archives/40517/referendum-notriv-oltre-il-quesito/)

Lo scontro sul referendum “no-triv” ruota intorno a visioni e scelte diverse che investono la politica energetica e ambientale del nostro paese. La produzione interna di idrocarburi è esigua rispetto al fabbisogno. L’importanza delle rinnovabili e la ricerca di alternative al petrolio nei trasporti.

Il tema del referendum

Come è accaduto per altre, precedenti, consultazioni popolari, anche quella del 17 aprile sta assumendo una valenza che va molto oltre il significato del mero quesito referendario. Si è infatti acceso un dibattito intorno al referendum “no-triv” che divide la politica e l’opinione pubblica.

Il fatto è che questo referendum implica una scelta di prospettiva, di visione, di valori differenti, se non addirittura opposti, che investono la politica energetica e ambientale del nostro paese. Ed è la vera ragione per cui un quesito poco significativo assume i contorni di una battaglia civile-economica-politica. Tecnicamente, il quesito riguarda le concessioni per estrazioni di idrocarburi in mare entro le 12 miglia (circa 22 chilometri) e pertiene solo a concessioni già esistenti: la domanda riguarda l’abrogazione della norma che ne limita la durata alla scadenza prevista dalla legge. In pratica, per un numero ristretto di quelle esistenti (sono 21 su 69 in mare) il “no” consentirebbe di sfruttare le concessione fino all’esaurimento del giacimento.

La durata iniziale delle concessioni è di trenta anni, rinnovabile una prima volta di dieci, poi per cinque, quindi per altri cinque anni dopodiché, se il pozzo non è esaurito, il concessionario può chiedere di sfruttarlo fino all’esaurimento. È di questa estensione che stiamo dunque parlando. Continua a leggere


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L’Italia non si trivella: doppio incontro nell’ultimo giorno di campagna prima del voto di domenica

Si chiude domani la campagna referendaria per il SÌ al referendum in programma domenica 17 aprile (dalle 7 alle 23). Arci Jesi-Fabriano parteciperà ai due incontri previsti per domani a Jesi. Il primo si svolgerà alle ore 17 presso la Fondazione Colocci (vicolo Angeloni 3) con il prof. Giorgio Galeazzi, presidente dei Corsi universitari Unimc della sede di Jesi, la prof.ssa Pamela Lattanzi, docente di Diritto agro-alimentare Unimc, e il direttore delle Grotte di Frasassi Luigino Quarchioni.

Il secondo incontro, che sarà introdotto e coordinato da Tullio Bugari di Arci Jesi-Fabriano e Arci Marche, vedrà invece la partecipazione, alle ore 18.15 presso il Palazzo dei Convegni (C.so Matteotti), di Antonio Mastrovincenzo, presidente del Consiglio regionale delle Marche, di Angelo Santicchia, sindaco di Santa Maria Nuova, e di Maurizio Sebastiani, presidente di Italia Nostra Marche. Segue il testo del comunicato stampa.

volantino Continua a leggere


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Sei risposte ai dubbi sulle trivelle

di Marina Forti, Internazionale
(www.internazionale.it/opinione/marina-forti/2016/04/12/dubbi-risposte-referendum-trivelle)

«Il referendum del 17 aprile riguarda l’estrazione di idrocarburi offshore entro le 12 miglia nautiche dalla costa. Dunque riguarda il futuro di 88 piattaforme oggi esistenti entro le 12 miglia, che fanno capo a 31 concessioni a “coltivare” (la coltivazione indica la zona dove una compagnia ha il permesso di estrarre gas o petrolio), oltre a quattro piattaforme relative a permessi di ricerca ora sospesi. Sono in buona parte nell’Adriatico, un po’ nello Ionio e nel mare di Sicilia, come si vede da questa mappa interattiva.

In questione c’è la durata delle concessioni. Il quesito infatti chiede di abrogare la norma, introdotta nella legge di stabilità entrata in vigore il 1 gennaio 2016, che permette di estendere una concessione “per la durata di vita utile del giacimento”, cioè per un tempo indefinito. Se vincerà il sì quella frase sarà cancellata. In tal caso torneremo semplicemente a quanto previsto in precedenza dalla normativa italiana e comunitaria: tutte le concessioni per lo sfruttamento di idrocarburi o di risorse minerarie, a terra o in mare, hanno durata di trent’anni, con possibilità di proroghe per altri complessivi venti.

In altre parole, sarà cancellata un’anomalia. In effetti è insolito che una risorsa dello stato, cioè pubblica, sia data in concessione senza limiti di tempo prestabiliti (ed è per questo che la corte costituzionale ha giudicato ammissibile il quesito). Tra l’altro, è un privilegio accordato alle sole concessioni entro la fascia di 12 miglia, non a quelle a terra o in mare più aperto.

Dunque, se vince il sì le piattaforme oggi in attività continueranno a lavorare fino alla scadenza della concessione (o dell’eventuale proroga già ottenuta), ma non oltre. Certo, in gioco c’è molto di di più. I sostenitori del sì rimandano alla politica energetica del paese, parlano di energie rinnovabili, di investimenti in efficienza energetica. Ma sono accusati di mettere a repentaglio attività economiche e posti di lavoro.

Il referendum è inutile?

Chi si oppone alla consultazione ricorda che la legge di stabilità 2016 ha già bloccato il rilascio di nuovi titoli (permessi) per estrarre idrocarburi entro le 12 miglia. La durata della concessione però non è irrilevante, e ha risvolti molto pratici. Infatti, il blocco di nuove concessioni non impedisce che all’interno di concessioni già esistenti siano perforati nuovi pozzi e costruite nuove piattaforme, se previsto dal programma di lavoro. Potrebbe essere il caso della concessione Vega, nel mar di Sicilia, dove l’Eni progetta da tempo una nuova piattaforma (Vega B) da aggiungere a quella oggi in esercizio (la concessione scade nel 2022).

Ancora più importante: prolungando la durata della concessione si rinvia il momento in cui le piattaforme obsolete vanno smantellate e rimosse. È un’operazione costosa che da contratto spetta alle aziende concessionarie insieme al ripristino ambientale, quindi la spesa dovrebbe essere già inclusa nei bilanci. “Sospetto che le compagnie petrolifere puntino anche a questo, a rinviare in modo indefinito il momento in cui dovranno smantellare piattaforme obsolete”, dice Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia.

Se vince il sì chiuderanno piattaforme operative e perderemo posti di lavoro?

È una delle obiezioni di chi è contrario al referendum. Ma si può confutare. Primo, la vittoria del sì non significa la chiusura immediata di tutte le attività in corso: le concessioni oggi attive scadranno tra il 2017 e il 2034. Il referendum poi non mette in questione le attività di manutenzione né, ovviamente, quelle di smantellamento e ripristino ambientale.

Quanto ai posti di lavoro, i numeri sono incerti. Assomineraria, l’associazione delle industrie del settore, parla di 13mila persone; la Filctem, la federazione dei lavoratori chimici della Cgil, parla di circa diecimila addetti solo a Gela e Ravenna. L’Isfol, ente pubblico di ricerca sul lavoro, parla di novemila occupati in tutto il settore (mare e terra).

Quanti di questi posti siano legati alle piattaforme entro le 12 miglia è opinabile. Il sindacato dei metalmeccanici Fiom Cgil afferma che sono meno di cento. “Considerando l’indotto, arriviamo a una stima massima di circa tremila persone”, dice Giorgio Zampetti, esperto di questioni petrolifere per Legambiente.

Una cosa certa è che le attività sulle piattaforme non sono labour intensive (cioè basate soprattutto sulla forza lavoro). Per lo più sono manovrate in remoto: gli addetti lavorano soprattutto nella fase di trivellazione, ma intervengono ben poco nella produzione (darebbe lavoro, casomai, smantellare i vecchi impianti). Gli attivisti di Greenpeace sono rimasti sorpresi, l’anno scorso, quando sono riusciti ad avvicinarsi alla piattaforma Prezioso, di fronte a Gela nel mar di Sicilia, l’hanno scalata e vi hanno appeso un gigantesco striscione, senza trovare ostacoli né risposta: il fatto è che non c’era proprio nessuno.

Quanto petrolio e quanto gas contengono i fondali italiani?

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Il 17 aprile VOTA SÌ: La verità sui posti di lavoro

da “Le bugie dei trivellatori sui tagli all’occupazione” di Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente (“il manifesto”, 7 aprile 2016)

«…Chi paventa la perdita di posti di lavoro per colpa del referendum non dice che il settore dell’estrazione di gas e petrolio è già in crisi nel mondo e in Italia da diversi anni. A dimostrarlo i rapporti del settore degli ultimi anni o il tavolo di crisi aperto presso la regione Emilia Romagna.

Il 35% delle compagnie petrolifere a causa del crollo del prezzo del petrolio è ad alto rischio di fallimento nel 2016 (rapporto Deloitte), con un debito accumulato di 150 miliardi di dollari. Nessuno si preoccupa di dire che per garantire un futuro occupazionale duraturo bisogna investire in innovazione industriale e in una nuova politica energetica. Negli ultimi decenni si è avuta una consistente diminuzione della produzione da piattaforme in mare senza alcuna strategicità energetica, economica ed occupazionale.

Al contrario il settore delle rinnovabili e dell’efficienza potrebbero generare almeno 600mila posti di lavoro. Centomila al 2030 nel solo settore delle energie rinnovabili, cioè circa il triplo di quanto occupa oggi Fiat Auto in Italia, mentre, al contrario, nel 2015, per un taglio retroattivo degli incentivi, se ne sono persi circa 4mila nel solo settore dell’eolico, 10mila in tutto il settore. A tal proposito ci chiediamo dove fosse il sindacato allora e che senso abbia un sindacato oggi che non ha la capacità di proporre un nuovo lavoro e di capire che la difesa dello status quo è innanzitutto difesa delle lobby del petrolio…»


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Il mare è nostro. Il 17 aprile vota SÌ

1n - Version 22n - Version 2435IL MARE È NOSTRO. Salviamo la bellezza e la biodiversità dei nostri mari. VOTA SÌ al referendum nazionale del 17 aprile.  L’incontro si è svolto sabato 2 aprile presso il circolo Arci Martiri XX giugno di Jesi, è stato introdotto da Tullio Bugari dell’Arci, a cui è seguita la relazione di Francesco Montanari del Comitato Marche “Vota sì per fermare le trivelle”. 

Questo è il contributo dell’Arci territoriale Jesi-Fabriano, impegnato anche in altre iniziative sia a Jesi che a Fabriano, a sostegno del referendum per fermare le trivelle; all’incontro erano presenti molte altre associazioni e gruppi impegnati su questo tema, tra cui Libera, ANPI, Legambiente, Italia Nostra, Meetup Spazio Libero Jesi, Sel e altri  che aderiscono al SÌ per fermare le trivelle.

Diverse le iniziative in questi giorni, in tutta la regione. Già questa stessa mattina, domenica 3 aprile saranno le spiagge marchigiane ad essere protagoniste, con volontari e attivisti in spiaggia per incontrare i cittadini ed informarli sulle ragioni e le motivazioni per votare sì: nelle spiagge di Gabicce Mare, Fano, Marotta, Senigallia, Montemarciano, Falconara M.ma, Ancona (Portonovo e Passetto), Porto Recanati, Porto Sant’Elpidio, Fermo, Porto San Giorgio, Grottammare e molte altre ancora.

Tutti gli eventi, le notizie, gli aggiornamenti, possono essere seguito sul sito del comitato: http://www.partecipattivi.it/notrivmarche/

«Il quesito su cui andremo a votare ha un alto valore simbolico. Infatti si chiede «può una compagnia petrolifera avere a vita la concessione per trivellare in mare o a questa concessione poniamo un limite?». È una questione che riguarda il concetto stesso di difesa dei beni comuni, e anche per questo al referendum bisogna andare a votare e votare Sì. Per la a prima volta i cittadini possono, attraverso il voto referendario, far pesare il proprio parere sulle scelte energetiche del Governo, ancora tutte incentrate sugli idrocarburi e assolutamente non in linea con le ultime decisioni della COP 21 di Parigi.
Bisogna raggiungere il quorum anche per difendere l’istituto referendario in sé.
L’Arci può e deve fare la sua parte, la sua capillare diffusione sul territorio può essere determinate per raggiungere il quorum.
Per questo voglio invitare tutti i comitati territoriali e i circoli ad aderire ai Comitati referendari del proprio territorio e a contribuire affinché le lotte dei comitati di questi ultimi dieci anni non vengano vanificate dal non raggiungimento del quorum.»
Lino Salvatorelli, commissione Arci nazionale Ambiente e stili di vita


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“Il mare è nostro”: il 2 aprile a Jesi il Comitato Marche “Vota sì per fermare le trivelle”

Sabato 2 aprile, ore 17.30
Circolo “Martiri XX Giugno”, via Roma 25 bis, Jesi

Il mare è nostro. Salviamo la bellezza e la biodiversità dei nostri mari. Vota SÌ al referendum nazionale del 17 aprile.

Interviene: Francesco Montanari, Comitato Marche “Vota sì per fermare le trivelle”

Introduzione: Arci Jesi-Fabriano

Partecipano Libera, ANPI, Legambiente, Italia Nostra, Meetup Spazio Libero Jesi, Sel e altre associazioni e organizzazioni che aderiscono al SÌ per fermare le trivelle.

www.facebook.com/events/757176961085279/

63c1dcd8-6e62-490f-843f-420b7bcb5207 Continua a leggere